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24/07/2017 - Archivio

ASPMI com'era

1998 e dintorni


Data: 24/07/2017


Foto 3489     

                   

                                        

       

                  

                           (a.dd.) Nel 2004 dopo una vita dinamica Carlo Bonafini si spenge venendo  meno all’affetto dei suoi cari. Figura di sportivo competente e stimato  lascia in ASPMI un segno indelebile del suo passaggio.

Uomo di grandi capacità , educazione, rispetto e lealtà fin dagli anni giovanili dimostra una spiccata attitudine verso lo sport in generale e il calcio in particolare impegnandosi nell’attività agonistica ricoprendo il ruolo di portiere.

Da adulto chiude con l’agonismo ma continua vivere di sport interessandosi alle problematiche che riguardano la componente organizzativa dell’associazionismo sportivo. Entra a far parte del G.S. Milano ed assume la carica di delegato per la regione Lombardia. Diventa responsabile tecnico della rappresentativa nazionale ASPMI di calcio.

Nel 1993 lascia la responsabilità della conduzione tecnica per entrare a far parte del Consiglio Nazionale con delega agli affari generali. Nell’elezione del 1997 risulta il candidato con il maggior numero di preferenze.

Chi ha avuto l’opportunità di frequentarlo lo ricorda come persona che ha sempre preferito il confronto e il dialogo allo scontro come si evince dalle risposte rilasciate nell’intervista pubblicata su annuario n. 8.

Sig. Bonafini, che voto darebbe per il primo anno al Consiglio Nazionale?

“Più che un voto vorrei esprimere un giudizio. Per rimettere in moto la macchina ci vuole tempo e posso sinceramente dire che tutti stanno dando il loro contributo. Le problematiche devono essere analizzate con ponderazione per arrivare ad ottenere le soluzioni migliori nell’interesse di tutti gli associati”.

Uomini e vicende valgono se si ricordano. Ci sono persone verso le quali si sente particolarmente grato per come hanno saputo condurre l’Associazione?

“Pur giudicando validi tutti coloro che ci hanno preceduto, uno su tutti ritengo sia da considerare personaggio basilare. Mi riferisco al compianto Aldo Giannoli, il primo Presidente, che dette tanto all’Associazione riuscendo a farla considerare anche all’estero”.

Viviamo anni di rapide trasformazioni sociali e culturali. Seppure la dimensione del fenomeno sportivo sia più che mai dilatata assai spesso si assiste ad un modo di fare sport in maniera autonoma senza legami con Associazioni. Come interpreta questo fenomeno?

“Purtroppo ci stiamo accorgendo che diventa sempre più difficile fare gruppo all’interno dei Corpi di Polizia Municipale. C’è un individualismo diffuso che ha messo in crisi addirittura organizzazioni ben più solide della nostra. Mi auguro un’inversione di tendenza, ma al momento non sono in grado di valutare quando e in che  misura possa avvenire”.

Purtroppo spesso accade che le Amministrazioni Comunali si dimostrino poco sensibili alle iniziative promosse dai Gruppi Sportivi. Non crede sia necessaria l’apertura di una fase collaborativa interessata alla diffusione della pratica sportiva?

“Certo. Dobbiamo puntare a far sì che un organo come l’ANCI ci dia una mano perché nei regolamenti sia considerata l’opportunità di far svolgere attività sportiva agli agenti di Polizia Municipale. Quella dei Comuni è una Associazione forte che, se volesse, potrebbe veramente fare qualcosa”.

Parliamo di donne. Il football in rosa gode di grande considerazione. Non le sembra che la pratica di questo sport sia antitetica alla visione della donna, soggetto che per natura è più portato ad esprimere delicatezza, eleganza, sensibilità?

“Ritengo positivo che le donne si cimentino nello sport. Sono però perplesso per quanto riguarda il calcio. E’ una disciplina dove inevitabilmente si arriva allo scontro fisico e in questi casi la donna, è chiaro, perde la sua femminilità”.

Gioie e dolori della rappresentativa nazionale di calcio. Ci indichi per favore la sua più grande soddisfazione e la sua più grossa delusione.

“Non dimenticherò mai quel fantastico gruppo che riuscii a portare ad un passo dalla conquista del titolo in Inghilterra: Una grossa delusione l’ho provata quando siamo stati sconfitti in Bulgaria: Un risultato negativo che ci è costato l’eliminazione dal campionato europeo”

Com’è che un milanese “d.o.c.” come Lei, con due squadre a disposizione del calibro di Inter e Milan sia tifoso della “vecchia signora”, La Juventus di Torino?

“Glielo spiego volentieri. Da ragazzino giocavo nelle giovanili della Pro Sesto che allora militava in serie B. In un incontro di Coppa Italia ci capitò di giocare contro la Juventus e io fui scelto come uno dei raccattapalle. In campo c’era Parola e in porta Sentimenti IV. Il fatto di riconsegnargli il pallone raccolto a fondo campo mi faceva provare un’emozione che, ricordo, aveva dell’incredibile”.

Esprima tre desideri che vorrebbe fossero esauditi in Associazione

“Il primo essere all’altezza per migliorare la situazione al suo interno. Poi, sempre per l’Associazione, ottenere un riconoscimento più marcato da parte delle Amministrazioni Comunali. Il terzo è conseguente, che si possa cioè svolgere una attività più qualificata a livello nazionale e internazionale”.

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Niente di nuovo sotto il sole.

  

 

 

 


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